martedì 24 febbraio 2009

U fulune... ovvero il panino imbottito

La prima volta che ho sentito parlare del "fulune" ero su una spiaggia del Mediterraneo. L'estate scorsa, quando volevo andare a vedere la casa di Montalbano, a Puntasecca. C. ed io eravamo sdraiati sotto un piccolo ombrellone sotto i circa 50 gradi delle 2 del pomeriggio del 14 agosto, ad una latitudine praticamente africana. Io ero ovviamente bianca come il latte, cappello e occhiali da sole, maglietta e protezione 40. Cercavo in tutti i modi di rifrangere i raggi solari. E leggevo. C., invece, dormiva come suo solito a pancia in su. Siamo stati entrambi distratti dalle nostre occupazioni dalle voci piuttosto concitate di 3 ragazzi del luogo, talmente abbronzati da sembrare senegalesi. Ovviamente indossavano tutti e 3 la mutandina d'ordinanza, il costume a boxer qui non va di moda. C. li identifica immediatamente come provenienti da Vittoria. Inutile dire che io ancora ignoro dove si trovi questo luogo. Chiacchieravano di ragazze, dovevano andare da qualche parte vicino Catania, in un Acquapark dove il cucco sembrava essere assicurato. Uno di loro era, però, parecchio preoccupato per i soldi. Perché se vuoi cuccare devi invitare le ragazze a mangiare e così non puoi portarti un "fulune" da 2 euro. E se poi "a rragazza vuole andare allo zoo.. tu che fai, non ce la porti allo zoo?" E tutta la discussione ha ruotato intorno a questo "fulune" per circa una mezz'ora, fino a quando i 3, nonostante avessero mangiato pranzi di 12 portate ciascuno non meno di un'ora prima si sono gettati in mare.
In quell'occasione C. mi ha spiegato che il "fulune" è il panino imbottito. Che qui c'è ancora la tradizione di andare in salumeria e farsi fare un panino. Cose che da me si facevano all'incirca vent'anni fa nei paesini di non più di venti anime.
Qui il panino imbottito è un'istituzione. Fuori da ogni salumeria c'è un cartello che li pubblicizza. Il ripieno generalmente è abbondante e te lo scegli tu sul momento. Niente a che vedere con il panino dei bar milanesi, preparato ventiquattr'ore prima, con la lattughina appassita. In più, il panino imbottito è economico. Al massimo costa 1 euro e mezzo. Se proprio sei sfigato e ti fregano perché non sei del posto ti rubano 2 euro.
"U fulune" è una tappa obbligata nella giornata di ogni siciliano che si rispetti. I muratori, i lavoranti a giornata, i contadini, tutti coloro che iniziano la giornata di lavoro quando io ancora dormo, alle 11 hanno una tappa obbligata: birretta e panino imbottito. Chiamali scemi... altro che dieci minuti di pausa caffè. Decisamente, il siciliano sa godersi la vita. Almeno quella culinaria.

sabato 14 febbraio 2009

La terra è bassa... ovvero l'orto vuole l'uomo morto.


Il titolo dice già tutto. La "green life" è devastante. Specialmente quando decidi di piantare, così, al tuo primo esperimento contadino, più di 100 piante di piselli e altrettante di fave.
Quando le semini, però, pensi che tanto è inverno, che non c'è bisogno di bagnarle o curarle, perché piove, si bagnano da sole. E allora pensi che 100 piante di fave non sono poi così tante.
Ma tutta questa pioggia ha sì bagnato le tue fave e i tuoi piselli ma ha anche abbondantemente concimato gramigna, acetosella, borragine e svariate altre centinaia di erbe selvatiche infestanti. Che non crescono in fila come le tue fave e i tuoi piselli. Le erbacce sono anarchiche, crescono senza regole, proprio lì dove gli garba, senza curarsi delle file, dei sesti, degli spazi da rispettare. E l'anarchia le rende alte, radicate, rigogliose. I tuoi piselli, invece, schierati come tanti piccoli soldatini soffrono, non crescono, si piegano e sembra quasi che chiedano aiuto. Tu gli passi vicino, ogni giorno. Il primo giorno pensi che c'è qualche erba. Il secondo giorno pensi che quelle erbette crescono. Il terzo pensi "maledette erbette". Il quarto le ignori e ti soffermi a guardare gli uccelli della passa. Il quinto cerchi di ignorarle, perché ormai sono piuttosto alte... Dal sesto giorno decidi di fare un'altra strada e fai un po' come gli struzzi, nascondi la testa per non vedere. In questo caso le erbacce. Poi un giorno, ormai non puoi più quantificare quanti ne sono passati, ti senti un po' masochista e passi davanti ai tuoi piselli e alle tue fave. Vai avanti e indietro, aguzzi la vista, ti abbassi per vedere meglio ma non li trovi. I tuoi piselli e le tue fave non ci sono più. All'inizio pensi che siano andati in vacanza, che magari hanno trovato un last minute. Poi ti riprendi, ti ricordi che piselli e fave non viaggiano e allora capisci. E ti viene un colpo. Le erbacce anarchiche hanno avuto la meglio sui tuoi soldatini. E pensi: "Merda!". Allora aspetti un giorno soleggiato (e nel frattempo le erbe continuano a crescere imperterrite) e ti armi di santa pazienza e di zappa. Già, la zappa. Cerchi nel garage, nella stalla, nella rimessa, sotto l'arco, vicino al parcheggio, ovunque. E la zappa non c'è. Sarà partita lei per un viaggio last minute. Pensi che tu in fondo sei nuova di questa casa e magari non sai dov'è lo stanzino segreto degli attrezzi. E chiedi al Professore. Lui ti guarda, poi guarda negli stessi posti in cui hai cercato tu, ti guarda ancora e allarga le braccia. Poi però sorride e ti dice "aspetta, te ne do un'altra". E tira fuori una zappa minuscola. Se Barbie ne avesse avuta una sarebbe stata così. Manico di ferro rosso, alto non più di cinquanta centimetri, ovviamente non fissato. Il che equivale a dire che ad ogni colpo la zappa vola via. E pazienza, ti abbassi verso la terra e zappi. E zappi. E zappi. E zappi. E zappi ancora. E sembra non finire mai. Quando ormai sei distrutta, in maglietta a maniche corte al 14 febbraio dalla fatica, con le mani piene di calli, il tuo fidanzato ti viene in aiuto. Arriva come un vero uomo, armato di motozappa. Uno di quegli attrezzi riservati agli uomini, tipo il seghetto alternativo. E non sai se sta arrivando per amore, per pietà o per fave e piselli. Più probabilmente per questi ultimi. E in poco tempo ti salva. Tritura tutte le erbacce, sorride e ti dice: "AmOre, hai fatto un ottimo lavoro". E dopo poco è tutto finito. I piselli e le fave sono magicamente riapparsi. E le erbacce sono sparite.
A quel punto ti ricordi che tu non sei un contadino qualunque, in fondo sei chic e vieni dal mondo della moda. E anche l'occhio vuole la sua parte. Ti armi di rastrello e inizi a passarlo secondo uno schema segretissimo tra le file. E dopo un'ultima mezz'ora di duro lavoro hai quello che hai sempre sognato. O che perlomeno il tuo fidanzato ha sempre sognato. Un orto zen. Con i solchi del rastrello, qualche pietra qua e là e nessuna erbaccia. Soprattutto nessuna erbaccia. Non si sa per quanto. Ma ormai sei zen. Ti godi il momento e ti ripeti in maniera quasi ossessiva che sei zen. E inizi a pensare di comprarti un libro sulla permacoltura.

martedì 10 febbraio 2009

Pausa

Mi sono presa una pausa, dal blog, dalla mia nuova vita, dalla nuova casa, da tutto insomma e sono volata dalla mamma. La cosa migliore che si possa fare per mettersi davvero in stand-by.
Sono tornata da qualche giorno ma, completamente ricaricata dalla mia vacanzina svizzero-alessandrina, ho dedicato parecchi giorni ed energie a rendere finalmente vivibile la nuova casa. E così ora ho una piastra elettrica funzionante, le mensole della cucina da riempire, ho perfino spacchettato i CD e i libri di cucina. Abbiamo montato l'armadio e ho iniziato a riempirlo. Questa, però, è davvero un'impresa titanica. Suddividere i calzini che ormai da mesi ristagnano negli scatoloni è lavoro da psicopatici. E il mio fidanzato, mago di certe finezze, nicchia. Se metto in ordine un paio di calzini al giorno, potrei aver finito entro l'estate.
Ma la vacanza mi è servita per staccare un po', per uscire da tutta l'emotività accumulata e per vedere un poco da lontano la mia nuova vita. Bella e tremendamente impegnativa. Vivere in campagna, con giardino da costruire, orto a cui badare, cane da educare, campana del compost da costruire, raccolta differenziata da insegnare, casa da ordinare, amici da scoprire, città in cui imparare ad orientarsi, pescivedolo da scovare, verdura biologica da inseguire (nell'attesa che l'orticello dia i suoi primi frutti)... E dimenticavo... azienda agricola da lanciare, sito da rifare, depandance da pubblicizzare, prodotti da spedire, clienti da contattare... Insomma, avrei bisogno di giornate di 72 ore minimo. Impegnativa e tremendamente bella. Sementi da osservare crescere, cane che impara a riportare la pallina, fiori da scegliere come si preferiscono, casa proprio come la desideravi, uccellini che cinguettano fuori dalle finestre ogni giorno, città in cui perdersi e scoprire angoli nascosti, piccola azienda agricola di successo che vende vende vende. Ogni giorno è una nuova sfida. Ed è esattamente per questo motivo che sono venuta fin qua. Certo, ogni tanto una vacanzina...